L’obesità è una condizione causata da uno squilibrio prolungato tra i processi di apporto calorico e dispendio energetico che avvengono nel nostro corpo. In presenza di troppe calorie, il tessuto adiposo bianco trasforma l’eccesso di energia in trigliceridi e il loro accumulo nelle cellule adipose (adipociti bianchi), le quali, aumentando di numero e di dimensioni ispessiscono lo strato di grasso sottocutaneo e a livello degli organi interni. In tal modo gli adipociti dei tessuti degli organi diventano ‘ipertrofici’ e iniziano a degenerare, portando a una serie di reazioni cellulari che terminano nella liberazione di radicali liberi. L’adipocita ipertrofico “scoppia”, va incontro a morte programmata e rilascia liberi nel sangue acidi grassi, adipochine e molecole pro-infiammatorie che portano allo sviluppo di sindromi metaboliche come l’obesità centrale, la dislipidemia, l’intolleranza al glucosio fino al diabete e l’ipertensione.
Numerosi studi dimostrano il legame tra obesità e diabete. Nel tessuto adiposo bianco, caratterizzato da adipociti ipertrofici, sono presenti i macrofagi, cellule del sistema immunitario che arrivano nel tessuto danneggiato provocando la secrezione di molecole della risposta infiammatoria e scatenando una forma di insulino-resistenza, preambolo per lo sviluppo di diabete. I macrofagi, abbondanti in relazione al numero degli adipociti in degenerazione, creano nel tessuto delle strutture a forma di corona (crown-like structures, CLS) circondanti le cellule morte.
L’infiammazione cronica di basso grado, che si verifica nel tessuto adiposo di chi ha una condizione di obesità, è essenzialmente sostenuta dalla necessità di eliminare i resti degli adipociti ipertrofici in circolo. Il tipo di obesità più pericoloso è quello caratterizzato dal deposito di grasso a livello addominale (cosiddetta obesità centrale o viscerale o androide); questo tipo di obesità è riconoscibile per un rapporto vita fianchi (rapporto fra la circonferenza minima della vita e massima dei fianchi) superiore a 0, 85 nella donna e 0,95 nell’uomo.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fissato dei criteri che consentono di classificare l’obesità in base all’indice di massa corporea o BMI ottenibile dal rapporto peso/altezza al quadrato e chilogrammi per metro al quadrato. Viene definita obesità di I, II e III grado quel valore di BMI compreso tra 25 e 29,9 per l’obesità di I grado; fra 30 e 39,9 per obesità di II grado e superiore a 40 per l’obesità di III grado, ponendo l’indice di massa corporea normale tra 20 e 24 e quindi al di sotto di 20 come indice di sottopeso. Uno dei cardini della terapia del diabete mellito sia nella sua forma adulta che giovanile è legato ad una sana alimentazione che tenga conto in una dieta equilibrata di un uso ragionato degli alimenti e nell’uso attento nella scelta degli zuccheri.
Le proiezioni dell’Oms mostrano che in Europa “circa la metà della popolazione adulta è in sovrappeso e il 20-30% degli individui, in molti Paesi, è definibile come clinicamente obeso”. I casi di obesità sono triplicati negli ultimi vent’anni.
Discorso ancora più inquietante quello dell’obesità infantile: in Italia, patria della dieta mediterranea, due bambini su 10 sono in sovrappeso e uno su 10 è obeso, con una maggiore prevalenza nel centro sud. L’obesità infantile è un fenomeno non solo dilagante ma anche persistente: circa il 50% degli adolescenti obesi rischia di esserlo anche da adulto.
Un sistema di monitoraggio nazionale avviato nel 2008 ha attestato che:“il 9% dei bambini non fa colazione, il 30% la fa in maniera non adeguata, circa il 50% consuma bevande zuccherate e/o gassate nell’arco della giornata e 1 bambino su 4 non mangia quotidianamente frutta e/o verdura. Inoltre, quasi 1 bambino su 2 ha la televisione in camera e 1 bambino su 5 pratica sport per non più di un’ora a settimana”.
Pertanto la sfida del futuro sarà la prevenzione dell’obesità a cominciare sin dalle prime età della vita. I primi 1000 giorni di vita (gravidanza e primi due anni di vita) sono un periodo cruciale per la salute futura: la letteratura scientifica ha infatti dimostrato che ciò che accade in questo periodo può influenzare la predisposizione a varie malattie nelle età future. Allattamento al seno, svezzamento secondo le raccomandazioni nazionali, no a sale e a zuccheri aggiunti sono alcune tra le regole principali che i bambini devono seguire nei primi due anni di vita per prevenire sovrappeso e obesità e quindi l’insorgere di patologie in età adulta.
(a cura della Diabetologa della Cittadella Socio Sanitaria di Cavarzere, la Dottoressa Gemma Frigato)