Quando si pensa al fumo di sigaretta vengono in mente soprattutto il tumore del polmone e la bronchite cronica. Il primo è uno dei più frequenti e dalla prognosi peggiore: la sopravvivenza a cinque anni è tra le più basse, anche se la scienza continua a progredire e dà sempre più speranza ai malati. La bronchite cronica ostruttiva (BPCO) rappresenta la terza causa di morte al mondo e le previsioni per un miglioramento sono davvero scarse. Quando, infatti, anche le popolazioni più povere, specie quelle africane, raggiungeranno un tenore di vita più elevato, aumenterà il vizio del fumo e con esso il numero dei morti. La BPCO è una malattia progressiva: peggiora cioè ogni anno sino a portare all’insufficienza respiratoria. L’unica certezza, scientificamente provata, di un arresto di questa progressione, è lo smettere di fumare. Il fumo però fa molti altri danni: la nicotina contenuta nel catarro è infatti un vasocostrittore (fa cioè ridurre il diametro delle arterie) e questo favorisce gli accidenti cardiovascolari, in primis infarto e ictus. Ma ci sono anche malattie più rare e poco conosciute, come il Morbo di Buerger, che causa un danno particolare, e impressionante: le arterie delle gambe si restringono, causano dolori lancinanti, e l’unico modo per alleviarli è l’amputazione.
Ecco perché il fumo va combattuto prima di tutto nei ragazzi: primo perché oggi si comincia a fumare già a 10-12 anni e a questa età il fumo causa un danno al polmone che crescerà di meno. In secondo luogo perché se non si fuma così giovani, in età adulta avremo meno fumatori. Bisogna poi fare in modo che i fumatori smettano: la volontà è essenziale, soprattutto quella di voler smettere. Molti fumatori vogliono farlo, ma chiedono un aiuto perché da soli non ce la fanno. Ed allora vanno indirizzati ai centri antifumo che ogni Ulss ha e che li aiutano con terapia di gruppo, psicologica e farmacologica a smettere: in molti ci riescono.
(a cura dello Pneumologo della Cittadella Socio Sanitaria di Cavarzere, il Dottor Guglielmo Bussoli)