Il cuore è una pompa che spinge il sangue in circolo ogni volta che riceve un impulso elettrico che è generato da un “interruttore”, che fa partire l’impulso in modo spontaneo e regolare. Il numero di impulsi elettrici e quindi di contrazioni cardiache in un minuto è la “frequenza cardiaca” (FC).
La FC è di solito compresa tra 60 e 90 bpm, ma può aumentare normalmente fino a valori molto più alti (tachicardia), ad esempio se una persona fa uno sforzo molto importante o si emoziona, così come può essere più bassa (bradicardia), ad esempio negli atleti. Se la FC però scende molto in una persona in cui prima era normale ci possiamo trovare di fronte ad un vero problema. Ricordiamo che l’impulso elettrico si diffonde prima agli atrii, si ferma per un brevissimo tempo in una struttura che mette in comunicazione gli atrii con i ventricoli per poi diffondersi a questi attraverso un vero e proprio grosso cavo elettrico (il cosiddetto fascio di Hiss). A livello di questa struttura in situazioni patologiche l’impulso elettrico si può bloccare ad esempio una volta su due o più. In questo caso la FC, che sarebbe supponiamo di 90/minuto, scende a 45 (blocco 2:1) o a 30 (blocco 3:1) /min. Se l’impulso elettrico non riesce a passare del tutto i ventricoli possono addirittura fermarsi, situazione incompatibile con la vita. Di solito però in questo caso inizia a funzione un nuovo “interruttore” da cui parte un impulso in grado di far battere il cuore seppure con una frequenza molto bassa.
Per risolvere il problema delle gravi bradicardie, poco sensibile ai farmaci, sono stati introdotti ormai da oltre mezzo secolo degli stimolatori elettrici artificiali, universalmente conosciuti col termine inglese “pace-maker” (corrispondente all’italiano “segna-passi” musicale). Il pace maker consiste di un generatore a batteria che viene impiantato chirurgicamente sotto la cute del paziente, nel torace al di sotto della clavicola. Dal generatore, di piccole dimensioni, partono uno o due cavi (catetere stimolatore) che spinto dall’operatore attraverso una vena fino a raggiunge la cavità del ventricolo destro. La durata di tutto dell’intervento, che viene effettuato in anestesia locale, è inferiore ad un’ora. Il generatore produce un impulso elettrico, che stimola il cuore e ne provoca la contrazione secondo un programma e con le modalità che vengono decise dal Cardiologo.
I progressi in questo campo sono stati notevolissimi sia per quello che riguarda la capacità del pacemaker di stimolare il cuore in modo sempre più simile a quanto avviene normalmente, sia per le dimensioni sempre più piccole del generatore, sia per la durata sempre maggiore della batteria della batteria. Dopo l’impianto del pacemaker il paziente può riprende a vivere come prima e svolgere la sua normale attività lavorativa. L’unica accortezza di evitare campi magnetici intensi, come quello generato dal metal detector in aeroporto. Il corretto funzionamento e la carica della batteria dei pacemaker più recenti possono essere controllati anche per via telematica senza che il paziente abbia bisogno di recarsi all’ospedale. Il pacemaker vieni sostituito chirurgicamente ormai dopo vari anni.
(a cura del Cardiologo della Cittadella Socio Sanitaria di Cavarzere, il Dottor Giovanni Maria Boffa)