Lo scompenso cardiaco: i sintomi sono la dispnea e la facile stancabilità

Il cuore è una pompa che ha il compito di spingere ogni minuto attraverso le arterie una certa quantità di sangue ossigenato a tutti gli organi. La stessa quantità di sangue nello stesso tempo torna indietro al cuore dopo aver fornito l’ossigeno necessario per il funzionamento degli organi. Quando il cuore non è in grado di pompare la quantità di sangue necessaria all’organismo o lo fa lavorando in condizione molto diverse da quelle normali, tanto da determinare la comparsa di sintomi, si dice che il cuore è “scompensato”.

Secondo la Società Europea di Cardiologia si fa quindi diagnosi di “scompenso cardiaco” quando si dimostra che il cuore funziona male ed il paziente lamenta sintomi tipici di questa situazione e ne presenta i segni. I sintomi più frequenti sono la mancanza di respiro (dispnea) per sforzi prima tollerati e la facile stancabilità (astenia). I segni sono l’aumento del peso, la presenza di gonfiore alle caviglie (edemi), la dilatazione delle vene del collo e l’ingrandimento del fegato. Sintomi e segni sono dovuti al fatto che nello scompenso cardiaco l’organismo trattiene acqua. Per fare una diagnosi l’esame più utile è l’ecocardiogramma, che dimostra la presenza del malfunzionamento del cuore, sono utili anche la radiografia del torace, l’elettrocardiogramma e alcuni particolari esami di laboratorio. Le cause di scompenso cardiaco sono varie. La più frequente è la cardiopatia “ischemica”, conseguenza dell’infarto. Lo scompenso può essere causato da una malattia del muscolo del cuore (“miocardiopatia”) o dal mal-funzionamento di una valvola cardiaca. Lo scompenso cardiaco può essere di vario grado e molto diverso. Nonostante i progressi della medicina negli ultimi anni, purtroppo ancora molti pazienti possono morire per scompenso cardiaco. Molte sono le armi che abbiamo a disposizione, dal trattamento farmacologico, che utilizza numerosi tipi di farmaci (diuretici, Ace-inibitori, beta-bloccanti sono i fondamentali) da usare spesso in associazione multipla (“poli-farmacoterapia”). Se i farmaci non sono sufficienti si possono utilizzare, in pazienti selezionati, degli apparecchi elettrici impiantabili, simili a pace-maker ma molto più sofisticati e che svolgono varie e complesse funzioni che aiutano il cuore a lavorare meglio e bloccano le aritmie più pericolose. Per i pazienti più gravi si può pensare di sostituire il cuore malato con quello sano di un donatore, di cui è stata accertata la morte cerebrale, (trapianto di cuore) o con una pompa artificiale che può sostituire in tutto od in parte la funzione del cuore. In quest’ultimo campo i progressi sono stati particolarmente spettacolari. Ci sono molti pazienti che conducono da anni una vita quasi normale e che dipendono completamente da un cuore artificiale.

(a cura del Cardiologo della Cittadella Socio Sanitaria di Cavarzere, il Dottor Giovanni Maria Boffa)

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